Non è un caso di cronaca, non è un gesto simbolico costruito a tavolino. È una di quelle piccole storie che si insinuano tra le maglie della realtà e mostrano quanto la cura possa presentarsi nelle forme più inaspettate.
Cheops arriva al commissariato come un cucciolo in difficoltà. Gli agenti decidono di adottarlo, senza immaginare che quel gesto spontaneo avrebbe trasformato la piccola mascotte in qualcosa di molto più grande.
La sua presenza si rivela preziosa soprattutto nei casi più delicati: incontri con minori, persone fragili, vittime di violenza domestica.
C’è un episodio (riportato da agenti e testimoni) che ha definito il suo ruolo: durante l’audizione di una bambina vittima di abusi, Cheops entra spontaneamente nella stanza, si accoccola sulle sue gambe e rimane lì. Quel gesto semplice, quasi involontario, scioglie una tensione che sembrava insormontabile. La bambina trova le parole, la paura si allenta, lo spazio si addolcisce.
Da quel momento, Cheops diventa una presenza stabile nelle situazioni che richiedono un tipo diverso di protezione: non fisica, ma emotiva.
La polizia stessa ne parla come parte della brigade de protection de la famille. Non un agente, certo, ma un compagno. Un supporto silenzioso.




