“Alla fine sono arrivata a credere in una ricerca che io chiamo la fisica dell’anima.
Una forza della natura governata da leggi reali quanto la legge di gravità. La regola di questo principio funziona più o meno così:
Se sei abbastanza coraggiosa o coraggioso da lasciarti dietro tutto ciò che è familiare e confortevole, e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa ai vecchi rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esteriore che interiore; se sei veramente intenzionata o intenzionato a considerare tutto quello che ti capita durante questo viaggio come un indizio, se accetti tutti quelli che incontri strada come insegnanti, e se sei preparata o preparato soprattutto ad affrontare e perdonare alcune realtà di te stessa o te stesso veramente scomode, allora la verità non ti sarà preclusa.”
(Tratto dal film Mangia, Prega, Ama — 2010 diretto da Ryan Murphy, basato sul libro autobiografico della scrittrice Elizabeth Gilbert)
C’è una leggerezza che non nasce dal peso delle cose che perdiamo, ma da ciò che smettiamo di trattenere.
È la leggerezza di quando, per la prima volta, non cerchiamo più di sistemare ogni cosa, di voler tenere tutto sotto controllo, di quando non rincorriamo risposte, ma quando impariamo a stare (semplicemente) dove siamo.
Ci hanno insegnato che “lasciare andare” è un atto di rinuncia. In realtà è un atto di fiducia. Fiducia nel fatto che la nostra natura, quella vera, sa tenerci a galla anche quando noi abbiamo paura di affondare. Così, quando smettiamo di costruire barricate contro il cambiamento, qualcosa si allenta dentro di noi.
L’ansia di capire tutto, di controllare ogni passo, di piacere a tutti, si fa più silenziosa, ed è lì che compare quella che potremmo chiamare la forza leggera dell’essere. Non una fuga, ma un ritorno.

