Quando la motivazione è come un profumo che svanisce.

di Anna Marie Ley

Ogni giorno, scorrendo il feed di LinkedIn, Instagram, Facebook, ci imbattiamo in frasi motivazionali. “Vivi, ridi, ama”; “Sii te stesso. A meno che tu non possa essere un unicorno. Allora sii un unicorno.”; “Tutti hanno un piano finché non ricevono un pugno in faccia.”; “Sbaglia in fretta. Impara in fretta.” 

Sono slogan che promettono d’illuminare il nostro spirito, di farci alzare, di scuoterci dal torpore, alcuni suonano anche un pochino banali o, se vogliamo, scontati. Ma che importa, in quel preciso istante in cui li leggi qualcosa vibra, hai un fremito di speranza. E ci credi.

Ma quanto dura quel fremito? Quanto resta nella testa, nel cuore, o anche solo nella giornata? Spesso, poco. Si dissolve come profumo delicato: profuma l’aria, ti accarezzi il collo, ma il giorno dopo non lo senti più. La motivazione generata da una bella frase può illuminare un momento, ma non sempre accende una strada.

Molte di queste frasi sono talmente generiche da sembrare specchi vuoti. Ti dicono sogna, vai oltre, non mollare, ma non ti dicono come fare, con che passi, quali nodi sciogliere. Al massimo danno un segnale iniziale, come una luce lontana nel sentiero buio. 

Ed è bello, è utile, ma se non hai una mappa, un compagno di viaggio o un progetto concreto, se non trovi in te l’appiglio per quelle frasi, quella luce resta qualcosa da desiderare.

Alcune frasi diventano addirittura assurde: chi sceglie “Sii te stesso. A meno che tu non possa essere un unicorno. Allora sii un unicorno” porta in sé un paradosso divertente, ma che cosa insegna, davvero, a chi non si sente né unicorno né normale? O “Tutti hanno un piano finché non ricevono un pugno in faccia.” Certo è ironico, è sincero, ma popolare precisamente per la sua durezza, non per la sua utilità pratica.

 

Sono citazioni che funzionano da satira, da meme, più che da guida. Alcuni li paragona ai messaggi dei biscotti cinesi.

E allora, perché continuiamo a cercarle, a condividerle, a sperare che questa, stavolta, faccia la differenza?

Perché sono facili, immediate. Non chiedono sforzo, non espongono.

 

Ma la motivazione che resta, quella che non si dissolve al primo vento o appena entri al lavoro, nasce in modi diversi. Serve qualcosa di più concreto.

Serve riflessione vera, chiedersi perché quella frase ti ha colpito. Cosa vuol dire per me, cosa implica? Non accettarla passivamente. Scrivila, discutine con qualcuno. Spogliala del suo alone di perfezione per vederla piuttosto come proposta, uno spunto, non come verità assoluta.

Serve comunità e amicizia, un’amica o un amico che ti domandi se ti senti davvero motivato, non solo ispirato. Un amica o amico che non applaude sempre, ma che ti sfida, che ti chiede conto. Qualcuno che ti aiuta a costruire la strada, non solo a guardarla da lontano. E soprattutto che fa tutto ciò senza giudicarti, lo fa perché lo sente, perché ti sente.

E serve cura: del corpo, della mente, dell’ambiente in cui vivi. Dormire bene, muoversi, coltivare un hobby, leggere qualcosa che non sia solo “frasi belle”, ma storie vere, poesie, biografie. Perché ciò che nutre profondamente l’autostima e che è in grado di costruirla (o ricostruirla) non è la frase motivazionale virale del momento, ma la tessitura della vita che la sostiene.

Alla fine, se ci pensi bene, la motivazione più profonda è come un profumo intenso e raro: non profuma immediatamente, ma si deposita sulla pelle, lentamente cresce, resta anche quando pensi che sia svanito. È un profumo che senti ancora quando nessuno ti guarda, quando non ci sono like. E soprattutto è qualcosa che senti subito tuo e che coltivi dentro di te, anche quando, a fine giornata non lo sentirai più nell’aria.

Autore: Anna Marie Ley

Photos by © Iryna Marmeladse | Vimal S. | Ivana Cajina | Sawyer Brice